In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Qual è il significato delle frasi «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? ». Cieco vuol dire non vedente?
Cieco non vuol dire non vedente, vuol dire che non conosce sé, né Dio, né gli altri:
è cieco chi vuole tentare di essere superiore ponendosi come guida di altri ciechi tanto nei rapporti familiari quanto nelle relazioni sociali o nel chiedere sacrifici alla gente, ma non a se stessi. Tutto ciò attraverso comportamenti di pura facciata al fine di acquisire riconoscimento e consenso. Essi, dice Gesù, sono cattivi maestri perchè manchevoli di misericordia, pretenziosi e giudici spietati con gli altri, ma benevoli con se stessi. Gesù, attraverso l’ esempio della “pagliuzza” e della “trave” invita a interrogare noi stessi prima di giudicare e correggere gli altri; fa emergere questo lato oscuro e falso dell’ uomo che solo Lui sostituisce con la luce e la verità: Egli non giudica per condannare, ma per redimere.
Così oggi il Signore ci offre i criteri per un esame di coscienza per domandarci quanto il nostro sguardo sia limpido o quanto invece non sia ostacolato dalla “trave” della superbia, dell’ ipocrisia, del sentirci superiori, del mio titolo di studio,
della mia professione e finché puntiamo il dito, finché giudichiamo gli altri vuol dire che ancora non abbiamo compreso che dipendiamo dalla Misericordia di Dio, la sola che ci rende “figli dell’Altissimo” e tra noi fratelli.