Lettera di inizio anno pastorale: “Attirami a te o celeste Sposo”

ANNO PASTORALE DELLA PREGHIERA

2021/2022

«Attirami a te, o Celeste sposo»

Santa Chiara di Assisi

Carissimi fratelli e sorelle della comunità San Pietro Apostolo,

siamo i figli di un tempo faticoso che sembra avviarsi ad una svolta, ma nonostante le opportune incertezze, abbiamo il dovere di proseguire il cammino dello Spirito nell’impegno dell’annuncio alle nuove generazioni, nel desiderio forte di essere noi stessi a godere della forza del Vangelo vissuto e operante in mezzo a noi.

In questi mesi travolgenti non abbiamo mai smesso di lavorare per il bene della comunità parrocchiale sia io che tutti i cari collaboratori che in modo instancabile si sono sempre adoperati per il bene. A loro va un grazie enorme da parte di tutti, è ammirevole che si spendano per gli altri togliendo tempo ad altre cose; sono sicuro però che ogni attimo speso per gli altri sia un investimento per le proprie famiglie e per il bene spirituale di ognuno, certi che chi «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,23-30).

Nel volgere all’inizio del nuovo anno pastorale, mi sono più volte chiesto quale fosse la vera necessità per la nostra parrocchia adesso. Tante le sollecitazioni ricevute, a partire da quelle del convegno diocesano che ha avuto come tema la Parola di Dio. Così tra i tanti incontri avuti con gli operatori pastorali e nei colloqui con la gente, sono giunto alla conclusione che possiamo dare inizio ad anno dedicato alla preghiera; sono certo, infatti, che solo nell’incontro con Cristo, via per giungere al Padre, ritroveremo la nostra vera identità di figli, e saremo capaci di essere fratelli tutti. “La preghiera è come l’ossigeno della vita -dice il Papa- è attirare su di noi la forza dello Spirito Santo” per ricostruire la nostra amicizia con Cristo, dice infatti Santa Teresa d’Avila: «L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo d’essere amati».

Così anche noi, in questo anno in cui abbiamo la grazia di poterci ritrovare, comunità dei discepoli di Cristo Gesù, abbiamo la possibilità di incontrare i volti dei nostri fratelli, di stargli accanto e nuovamente abbracciarli. Non sono più cose da poco, lo abbiamo scoperto, e questo è il tempo di metterlo in atto.

Parola e fraternità sono state, tra l’altro, due delle parole chiave del Convegno diocesano. La Parola viene messa al centro dell’attenzione dell’intera Chiesa sia nella valorizzazione personale, che andrà strutturata in forme di vita e in proposte personali, sia nella vita di comunità, con l’approfondimento e la meditazioni. Anche fratel Enzo Bianchi nella riflessione inviata a tutti parlava di due pilastri su cui fondare la nostra vita ecclesiale in questo tempo: l’Eucarestia Domenicale, luogo dove accogliamo la Parola e il Pane di vita, e la riconciliazione, il riconoscersi, il ritrovarsi come comunità nella fraternità – prima di essere un’adunanza sei una fraternità – aggiungeva.

Il nostro Vescovo Sergio proprio in quella occasione ha fatto appello alla nostra decisione di vita rispetto a Cristo e ai fratelli, dicendoci che è necessario rinnovare la fede nel vangelo per rinnovare la pastorale, che sia accogliente casa di fraternità.

Anche Papa Francesco nella fratelli tutti, ricorderete che parlava di “Aprirsi al mondo”, che è una dinamica fondamentale oggi, per evitare ricadute di chiusure che non fanno altro che uccidere le comunità cristiane, fossero anche millenarie come la nostra.

Certo abbiamo da allenarci, purificare il nostro stare insieme, la Parola di Dio in continuazione ci stimola in questo, liberiamoci di tutti gli orpelli. A volte però non riusciamo a vivere sereni nelle comunità, fossero anche quelle familiari, e a tal proposito il cardinale Martini parlando a un gruppo di sacerdoti durante gli esercizi spirituali si chiede: “Signore cosa c’è in noi per cui non riusciamo a fare comunità, a riconoscerti nei bisogni reali del prossimo, a stabilire rapporti autentici di amicizia? La risposta può essere triplice: c’è in ciascuno di noi l’uomo Davide, sicuro di sé e per questo a volte incapace di riconoscere il suo peccato; c’è in noi una radice negativa che inquina le nostre relazioni: «perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri» (Mc 7,21) e se ognuno di noi non è accompagnato da un cammino di purificazione e discernimento continuo è facile lasciarsi prendere dal male. Inoltre aggiunge Martini – nel cuore dell’uomo religioso e impegnato, c’è tutto ciò che è nelle cinque antitesi del discorso della montagna (cf. Mt 5,20-48) “Non uccidere, Non commettere adulterio, Non giurare il falso, Non esagerare nella vendetta, Bisogna amare il prossimo.” Se il cuore dell’uomo non è risanato interiormente, attraverso la benevolenza, dalla cupidigia, dalla doppiezza e dall’apparire, se non si è pronti a cedere, se non riesci a fare il primo passo, non si osserva il comandamento.

Possiamo quindi imparare dalla tenerezza di Dio e con essa misurarci ogni giorno.
Dio non solo ci aiuta, ma ci fa anche delle promesse di gioia, di un grande raccolto, per aiutarci ad andare avanti. Dio che, ripete Francesco in una omelia a Santa Marta nel 2017, non solo è padre ma è papà: «Io sono capace di parlare con il Signore così o ho paura? Ognuno risponda. Ma qualcuno può dire, può domandare: “Ma qual è il luogo teologico della tenerezza di Dio? Dove si può trovare bene la tenerezza di Dio? Qual è il posto dove si manifesta meglio la tenerezza di Dio?” – “La piaga”. Le mie piaghe, le tue piaghe, quando si incontra la mia piaga con la sua piaga. Nelle loro piaghe siamo stati guariti.»

Il cammino della fraternità

Dalla tenerezza di Dio alla tenerezza verso i nostri compagni di viaggio. Di cui siamo i messaggeri. «Una parrocchia, infatti con tanti servizi ma senza fraternità non è cristiana. Il vero nome della parrocchia è fraternità» (Enzo Bianchi).

Potremo imparare da Dio, in questo anno della preghiera, nello stare accanto a lui, nel dialogo continuo, costante, a esprimere cordialità, premura, benevolenza, esercitando la carità continua, che tutto sopporta tutto scusa tutto ama e tutto spera (cf. 1 Cor 13), nei nostri fratelli di comunità.

Colpiscono favorevolmente le parole del card. Comastri: la tua vita sia la tua predica. La fraternità possiamo comprenderla e riscoprirla anche come la via principale con cui annunciare anche il vangelo. Non ci sia però fraternità finalizzata all’annuncio bensì il contrario, il nostro annuncio trovi nella fraternità la sua radice e di ritorno il suo frutto.

Tanti momenti di faticosa solitudine hanno contraddistinto la vita di molti nei vari momenti di chiusure, ma da pastore devo segnalare che altrettanto preoccupante è il rischio di non voler ritrovare la comunità parrocchiale come casa propria.

Il numero seppur elevato di persone che frequentano la Messa domenicale e i sacramenti che vengono donati ai fedeli fanno una comunità? La domanda rimane aperta. La risposta è sempre in Atti degli apostoli dove è scritto che mettevano tutto in comune, condividendo gioie e dolori, camminando insieme verso la santità (cf. At 4,32-37).

Anche il nostro vescovo, nel Convegno di inizio anno ci ha esortati in questo senso: «l’unica cosa da fare è mettersi alla scuola di Gesù che significa conoscerlo» e l’amicizia con Gesù si vive proprio nell’ amore fraterno “Se non ami il fratello che vedi come puoi amare Dio che non vedi”. (1 Gv,4)

Ci aiuti in questo senso una cosa che sembra banale ma che invece potrà essere un grosso esercizio, passare dal mondo virtuale a quello reale anche nel contatto fisico e visivo. I gruppi WhatsApp, ad esempio, non sostituiscano più la relazione e la comunicazione, ma siano anzi da stimolo ad aumentare il desiderio di ritrovarci, di stare insieme e di prenderci cura dell’altro.

 

La Parola di Dio al centro

Questo anno pastorale abbia quindi questi due pilastri, l’uno la fraternità da recuperare di cui abbiamo già parlato, l’altro la Parola da accogliere nella sua sacralità. Il perché è molto semplice ma non per tutti è scontato, ovvero è motivato dal fatto che in un tempo di disorientamento come quello vissuto abbiamo bisogno tutti adesso di Sapienza, ma non quella degli spot di vendita, quanto della più alta e virtuosa, capace di rigenerarci e sostenerci, quella di Dio: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 118, 105).

In preparazione alla GMG nel 2006 papa Benedetto nell’invito ai giovani è semplice e diretto: «Cari giovani, amate la Parola di Dio e amate la Chiesa (…) che ha ricevuto dal suo Fondatore la missione di indicare agli uomini il cammino della vera felicità”. Il rimando scelto dal Papa è ancora più autorevole perché è Gesù stesso che ne parla chiaramente: “” Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32). La lampada, la luce, la bussola che indicano la direzione da seguire, emergono da una profonda meditazione della Parola di Dio, perché tramite questo impegno lo Spirito Santo parla, rivela la verità, libera la libertà stessa affinché l’animo possa cogliere il vero bene e lo persegue».

Papa Benedetto XVI ricorda anche alcuni passi della Lettera agli Ebrei, per parlare della Parola di Dio come un’arma indispensabile per la lotta spirituale: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”. Essa, per essere efficacie, necessita di un cuore docile che diventa tale se è pronto all’ascolto, alla meditazione della Parola stessa.

Ecco perché è necessario avere a portata di mano la Bibbia, ma anche vivere la lectio divina, con le sue importanti fasi della “lectio”, della “meditatio”, dell’ “oratio” e della “contemplatio”, che rappresentano un percorso spirituale. Queste le indicazioni che il Pontefice propone ai giovani affinché non siano degli illusi o semplici ascoltatori, ma convinti costruttori del Regno di Dio: “Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la Parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla (Giacomo 1, 22-25)”.

Chi ascolta la parola di Dio e ad essa fa costante riferimento poggia la propria esistenza su un saldo fondamento. “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica – dice Gesù – è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24): non cederà alle intemperie. (…) ecco, giovani del terzo millennio, quale dev’essere il vostro programma!”. Un invito da accogliere per ciascuno di noi oggi che siamo chiamati con tutta la diocesi a intraprendere un cammino di La lectio divina settimanale, nella quale, sempre per coltivare la vera fraternità, daremo una attenzione particolare alla collactio e all’adorazione eucaristica.

Santa Chiara d’Assisi testimone dell’anno

Come negli ultimi anni pastorali è desiderio ormai comune avere anche un testimone santo che ci aiuti nel cammino, proprio perché figura autorevole nell’amore verso Dio e verso la sua comunità, sia per noi da monito e incoraggiamento. Sarà quindi Santa Chiara di Assisi, pianticella di Francesco, così come lei amava definirsi, il nostro testimone dell’anno. Convinto che la sua storia, così come quella del poverello, saprà essere per noi una vera rugiada di grazia.

In una intervista per un quotidiano locale, una suora delle Clarisse di Santa Chiara ha detto di lei: «È la grandezza del cuore umano abitato da Dio che lei ha scoperto e che l’ha spinta a fare questa scelta oblativa di una vita contemplativa claustrale. I contenuti essenziali sono due: la condivisione della vita con gli ultimi e la contemplazione del cuore umano abitato da Dio. Questo implica, innanzitutto, la conoscenza di tutto quello che ci circonda e, soprattutto, è la meditazione continua e assidua degli eventi della vita personale, comunitaria, sociale, ecclesiale, alla luce della parola di Dio, in modo da poter unificare e comprendere, per quanto possibile, il significato ultimo del mondo. Quella è la contemplazione: meditare e vedere quella linea di unificazione fra cielo e terra».

La “pianticella” di Francesco era attenta alla realtà circostante: alle compagne con cui viveva, alle vicende della sua città, a quanti si rivolgevano a lei. «Oggi anche noi – prosegue la suora nell’intervista – attraverso la testimonianza di vita fraterna e l’apostolato della preghiera, negli incontri con le persone, virtuali, in questo periodo, e fisici con chiunque voglia soffermarsi, insieme, a pregare o semplicemente a condividere la propria storia. Diciamo che la riflessione continua, alla luce della parola di Dio, è il cardine della nostra giornata che infatti, concretamente, si svolge in un’alternanza di preghiera, meditazione, lavoro e fraternità; nel tentativo, ove e quando possibile, di condividere, con chiunque ne abbia voglia, la nostra giornata, quotidianità».

I nuovi consigli di partecipazione laicale

Lo scorso 23 Settembre si è concluso il mandato dei consigli pastorali Pastorale ed Affari Economici, che in questi tre anni di servizio hanno svolto con grande passione il loro ruolo. Oggi diamo inizio ad un nuovo percorso, con nuovi volti della nostra comunità, perché tutti possano collaborare in maniera attiva nella parrocchia, assicurando però continuità al lavoro fatto. La missio è quella di “riportarci tutti in parrocchia”, in un tempo difficile ma pieno di entusiasmo, e se anche questo sembra impossibile a noi, «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). I vari membri sono stati scelti dopo lunghe conversazioni con gli operatori pastorali, sia per il loro vissuto morale e spirituale che per competenze, e particolarmente per tra coloro che il Signore ha chiamato per nome a fare unità in mezzo a noi.

Nel nostro statuto parrocchiale ai consigli leggiamo che «la Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo. Egli, il primo e supremo evangelizzatore, nel giorno della sua ascensione al Padre comandò agli Apostoli: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Fedele a questo comando la Chiesa, popolo che Dio si è acquistato affinché proclami le sue ammirevoli opere (cfr. 1Pt 2,9), dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (cfr. At 2,1­4), non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso “ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8), che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica. Pertanto, la missione evangelizzatrice, continuazione dell’opera voluta dal Signore Gesù, è per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura (Benedetto XVI, Motu Proprio per l’istituzione nel 2010 del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione)».

Partiamo da questo invito di Benedetto XVI per costituire i Consiglio Parrocchiali Pastorale e per gli Affari Economici nella Comunità Parrocchiale di San Pietro Apostolo, come i sacri canoni prevedono. Questo tempo, infatti, esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli “collaboratori” del clero a riconoscerli realmente “corresponsabili” dell’essere e dell’agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo e impegnato (cf. Benedetto XVI, aprendo i lavori del Consiglio Pastorale della diocesi di Roma – 29.05.09).

Lo spirito di questi due gruppi sia animato dal valore biblico della comunione, che nelle parole di San Paolo trova sua massima espressione: «Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo… E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (Cf 1 Cor 12,12 e ss.).

L’espressione del corpo mistico si configura nella Chiesa attraverso il cammino della sinodalità, che come Papa Francesco ha affermato parlando ai Vescovi nel 2015 disse che è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. La sinodalità infatti – ha sottolineato – «è dimensione costitutiva della Chiesa», così che «quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola “sinodo”».

Dunque “ut unum sint”, “che tutti siano uno” (Gv 17,21), possa definirsi la missione di nostro Signore Gesù Cristo in questa porzione di popolo, missione ecclesiale che in primis come consigli parrocchiali e personalmente desideriamo vivere e promuovere come missione, perché la gioia del Vangelo ci dice il Santo Padre Francesco è prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare (EG 24).

 

I gruppi parrocchiali

Alcune esperienze di comunità possono servire a stringere ancora di più i nostri rapporti, come la segreteria e i singoli gruppi di cammino spirituale, dove non dovranno essere le tante parole a fare eco quanto la Parola di Dio che risuoni nella condivisione della vita e dei fatti.

Il sinodo dei vescovi ci aiuti a capire che è necessario cambiare modo di fare parrocchia e pertanto dopo l’ascolto che abbiamo vissuto reciprocamente in questo mese di settembre e ottobre tra gli operatori pastorali è ora tempo di ascoltare tutta la comunità, fisicamente nei singoli incontri e attraverso un questionario da somministrare a tutti.

Ascoltate!” è il tema che Papa Francesco ha scelto per la 56ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali e sarà il tema del Sinodo. Dopo il Messaggio del 2021 che era centrato sull’andare e vedere, si legge nella nota della Sala Stampa della Santa Sede, nel nuovo Messaggio il Santo Padre “chiede al mondo della comunicazione di reimparare ad ascoltare”: “La pandemia ha colpito e ferito tutti e tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati. L’ascolto è fondamentale anche per una buona informazione. La ricerca della verità comincia dall’ascolto. E così anche la testimonianza attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Ogni dialogo, ogni relazione comincia dall’ascolto. Per questo, per poter crescere, anche professionalmente, come comunicatori, bisogna reimparare ad ascoltare tanto”. “Gesù stesso ci chiede di fare attenzione a come ascoltiamo”, conclude la nota, perché “per poter veramente ascoltare ci vuole coraggio, ci vuole un cuore libero e aperto, senza pregiudizi”: “In questo tempo nel quale la Chiesa tutta è invitata a mettersi in ascolto per imparare ad essere una Chiesa sinodale, tutti siamo invitati a riscoprire l’ascolto come essenziale per una buona comunicazione”.

Inoltre la Celebrazione Eucaristica sarà uno dei lite motive del nostro anno pastorale, consentendo al cammino dei nostri bambini e dei giovani e degli adulti perché sia vero nutrimento per le famiglie chiamate a riscoprire una appartenenza spirituale ed ecclesiale.

La CEI ha inoltre avviato un cammino per gli adolescenti che anche noi come parrocchia porteremo avanti. Il progetto dal titolo Seme diVento vuol diventare un impegno più condiviso per incontrare gli adolescenti con tutta la comunità cristiana aprendo processi educativi che la possano rinnovare profondamente.

Alcuni segni efficaci potranno anche essere la Bibbia aperta in un angolo in ogni casa, l’utilizzo dei vangeli in tutti i percorsi formativi, anche nella carità; il servizio di accoglienza e di segreteria, ritrovare la bellezza della liturgia e dei canti, la premura delle intenzioni di preghiera, la dedicazione di una sala alla “Laudato sii”, ispirandoci al cantico delle creature, e richiamare a tutti costantemente il bisogno della custodia del creato, partendo dai piccoli gesti della raccolta differenziata a quelli della sensibilizzazione ecologica ai più piccoli. “I giovani – scrive infatti papa Francesco – esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.”

Anche la nostra antica Chiesa possa tornare a risplendere nella sua bellezza antica, custodendo nelle linee architettoniche e nella semplicità il rigore di una fede autentica. Così i nostri ambienti e i progetti di ampliamento per avere spazi adeguati al nostro tempo.

Su tutti questi temi ci metteremo subito all’opera con i due consigli parrocchiali.

Attirami a te

Tutti gli uomini sono figli di Dio che li ama infinitamente– scrive in una lettera Charles de Foucault – è dunque impossibile amare, voler amare Dio senza amare, senza voler amare gli uomini: più si ama Dio, più si amano gli uomini. L’ultimo comandamento di nostro Signore Gesù Cristo, qualche ora prima della sua morte, è stato: “Figlioli miei, amatevi gli uni gli altri; è da questo che si vedrà che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri”.

Sono ancora più incoraggianti le parole di don Tonino Bello rivolgendosi ad alcuni missionari, ma che facciamo nostre: «Se è vero che convertirsi (cum-vertere) significa tornare insieme, cambiare insieme, muoversi insieme, in fondo non siete solo voi a partire. Partiamo anche noi. Anzi noi dobbiamo ripartir: avventura ben più difficile della vostra. Voi infatti varcate gli oceani in avanti, noi dobbiamo varcare i secoli ad indietro. Voi correte verso l’estuario, noi risaliamo verso la sorgente. Voi cercate il cuore dell’uomo per mettergli dentro il fuoco del Vangelo, noi cerchiamo il cuore del Vangelo per accendere nell’uomo il fuoco della vita. Voi una volta raggiunte nuove latitudine sulle mappe della geografia, siete appagati per metà. Noi invece dobbiamo raggiungere i paralleli e i meridiani dove si sono insediate le nuove culture, che pure abitandoci accanto, ci danno l’impressione di distanze siderali. Quanta strada dunque per voi e per noi.»

Il mio augurio desidero formularlo a tutti con le parole autorevoli e sante di Chiara di Assisi, pianticella di Francesco, lei ci guiderà in questo anno.

«Lasciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità! Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo. Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella inebriante. Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi abbraccerà deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca». (cf. Lettera ad Agnese)

Accogliamo la benedizione di Santa Chiara e con la grazia di Dio viviamo un buon cammino:

«Il Signore vi benedica, vi custodisca, mostri a voi la sua faccia, vi usi misericordia, rivolga a voi il suo volto e vi dia la sua pace.

Io Chiara, serva di Cristo, pianticella del santo padre nostro Francesco, prego il Signore nostro Gesù Cristo per la sua misericordia, per l’intercessione della sua santissima madre Maria, del beato arcangelo Michele, di tutti i santi e le sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni, vi confermi questa santissima benedizione in cielo e in terra.

Voi siate sempre amanti di Dio e delle vostre anime, siate sempre solleciti di osservare quanto avete promesso al Signore.

Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui. Amen!

Ariano Irpino, 15 Ottobre 2021, Memoria di Santa Teresa D’Avila

Con affetto, don Daniele

CF 90000380643